Due ville, due rampe, due percorsi
Famoso ma poco amato, Koolhaas nella sua carriera ha capito
che occorre stupire, provocare e Villa dall’Ava ne è dimostrazione con le sue
mille denunce fatte dai vicini di casa contrari a quell’accostamento di
immagini e materiali appartenenti a mondi conflittuali e apparentemente
incompatibili. Nonostante Villa dall’Ava, completata nel 1991, sia distante
cronologicamente dal Villa Savoye, risulta esserlo meno dal punto di vista
concettuale e della formazione dello spazio dell’edificio.
A causa dell’inclinazione del terreno, Villa Dall’Ava,
risulta incassata in esso. Il vero pianterreno infatti è al piano superiore
(primo piano), allo stesso livello della parte alta del giardino. L’architetto
sceglie di non creare grandi fronti che si sviluppano in verticale e che
possono ostacolare la continuità visuale del dislivello del terreno. Il gioco
di disgregazione e ricostruzione, decostruzione e aggregazione inizia al pianterreno.
Per quanto riguarda gli spazi e le forme volumetriche potremmo affermare che la
sagoma di questa villa degli anni ‘90 richiama alla mente “una Villa Savoye aggressiva
e malandata”.
Lo spazio che l’architetto olandese raccoglie nella sua casa
di vetro, semplice e chiaro in apparenza, è invece complesso, segnato da
percorsi inaspettati e vedute accidentali (o previste?): ciò porta allo
sconcerto e alla curiosità per uno spazio inusuale, governato dalle esigenze e
dalle abitudini della società moderna. Tale spazio diventa specchio di una
cultura sociale in cui, per esempio, genitori e figli devono possedere ambienti
completamente separati con accessi diversi e preservati da privacy differenti.
Villa Dall’Ava si organizza in un corpo longitudinale delimitato
alle estremità da due corpi trasversali, impostati su pilotis. L’ingresso
pedonale principale è riparato e delimitato superiormente dal primo volume
trasversale. Il volume longitudinale è costituito da un muro in cemento armato,
da un basamento con rivestimento in pietra e grandi superfici vetrate nei
fronti verso il giardino privato. I volumi trasversali sono rivestiti invece da
lamiera grecata e possiedono grandi finestre a nastro. Il corpo longitudinale
di forma leggermente trapezoidale rappresenta il centro della casa, la zona
giorno, con la cucina e il living. Il
volume giorno costituisce il trait d’union tra gli ambienti notte, per altro
accessibili in maniera completamente indipendente attraverso due scale
collocate nelle due distinte zone notte.
Villa Dall’Ava incarna, in un certo senso, il fantastico
metropolitano, il desiderio di diversità sociale. E’ la proiezione
architettonica di un immaginario. Un camminamento esterno aereo unisce i due
volumi trasversali creando un percorso panoramico. Accanto al percorso esterno
quindi ecco la piscina, esigenza espressa chiaramente dalla committenza, che
rappresenta l’altro luogo “pubblico” della casa insieme al camminamento
all’aperto e alla zona living al piano di sotto. Il corpo longitudinale perciò
unisce e contemporaneamente divide: collega i volumi ma separa allo stesso
tempo le utenze e i livelli di privacy. Come Villa Savoye, il tetto è sede
delle attività di svago. La zona giorno e la zona notte si articolano attorno
alla grande terrazza scoperta e al vano di distribuzione verticale, centrale
rispetto all’intero impianto distributivo. L’unica marginale differenza è
rappresentata dall’assenza sul tetto di Saint Cloud, di muretti e ringhiere che
avrebbero disturbato la purezza dei volumi scatolari; il rischio di precipitare
giù è scongiurato da una fascia di bandoni plastici arancioni disposti a
formare un recinto di forma libera quasi a non dimenticare le lineari balaustre
lecorbuseriane che racchiudono il tetto di Villa Savoye e che sembra vogliano
preservare il visitatore da un contatto troppo diretto e non controllato con il
contesto.
L’architetto francese diceva che “l’architettura araba ci
fornisce una preziosa lezione. La si apprezza in movimento, a piedi: è
camminando, muovendosi attorno che si vedono svilupparsi gli strumenti
ordinativi dell’architettura” ed è proprio Villa Savoye che mette in pratica
tale piano. Il movimento dell’uomo nello spazio diventa la principale guida di
una nuova e differente architettura, non solo come movimento dentro e
attraverso lo spazio ma anche come alternanza tra l’essere in movimento e lo
stare fermo. Nello stesso modo la rampa non conduce solamente da un ambiente
all’altro ma connette tra loro spazi che sono armoniosamente messi in
equilibrio tra loro stessi. Essa offre circolazione, spostamenti, soprattutto
verticali e vedute, controllati attentamente dalla mano e dalla mente di un
architetto capace di governare lo spazio e i rapporti pieni/vuoti.
In scala ridotta ciò avviene anche a Saint Cloud, la promenade
inizia nel sentiero a zig zag tra i pilastrini al piano terra. Prosegue,
nell’ingresso relativamente striminzito e poi nell’ ambiente pavimentato di
marmo nero che ha come unica funzione quella di essere uno spazio. L’esigua
cucina, trova posto dietro una parete curva di plastica traslucida che
arricchisce la successione degli ambienti conferendo loro dinamicità. E’ uno
spazio processionale, un percorso iniziatico. Gli spazi si susseguono in modo
rapido.
Ciao!!! se fossi interessata a vedere i prospetti e pianta di villa dall'Ava ecco.. =)
RispondiEliminahttp://www-personal.umich.edu/~sanous/ARCH211/1_2_sanous.pdf
Complimenti per l'analisi e la serietà del tuo blog!
ps: la pianta di villa dall'Ava si può definire anamorfica (segue il terreno su cui è costruita...)
ah... mi sono dimenticato di consigliarti un brano tratto dal libro "s,m,l,xl" di Rem Koolhaas e Bruce Mau... Il libro "racconta" i progetti realizzati... La parte che tratta villa dall'Ava è in forma di diario ed è molto simpatica secondo me... Racconta i rapporti con il cliente e la dura lotta per far partire la costruzione dell'edificio. Sfortunatamente non sono riuscito a trovare una fonte online per fartela leggere...
RispondiEliminaPerché si chiama Dall'Ava?
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